Torniamo ad obbedire alla voce della coscienza

Intervista al prof. Vito Mancuso di Laura Solieri per La Gazzetta di Modena 15 marzo 2025

Screenshot 2025-03-15 alle 11.15.18

Modena [PDF] [PDF]

Domenica 16 marzo 2025 il Bper Forum di Modena ospita Vito Mancuso, teologo, scrittore ed editorialista de La Stampa, che presenta il suo ultimo libro "Destinazione Speranza" (Garzanti). In un presente dominato da terribili conflitti, disastri ambientali e inquietudini diffuse, guardare al futuro. con ottimismo sembra un'impresa sempre più ardua: ripiegandosi su se stesso, l'uomo sta a poco a poco perdendo la speranza in un domani migliore. Viene dunque da chiedersi: Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa mi è lecito sperare?». Cercando di rispondere a queste tre fondamentali domande, formulate per la prima volta dal filosofo Immanuel Kant, Mancuso guida i lettori alla ricerca del significato più profondo e autentico della nostra vita. Togliendo alla ragione ogni pretesa di possedere un sapere su Dio e sull'avvenire, "Destinazione Speranza” rifonda il senso della nostra esistenza su un presupposto inedito e dirompente: la libertà di obbedire. Se saremo in grado di essere noi stessi in relazione con gli altri, di resistere all'egoismo favorendo la solidarietà, di ridare valore alla dimensione morale al fine di agire con responsabilità, allora non tutto sarà perduto: solo così, infatti, potremo definirci donne e uomini davvero liberi e guardare con speranza, ragionevole e fondata, al futuro che ci attende …

Mancuso, nel viaggio con destinazione speranza, la parola "generosità" che direzione può indicare, quali strade può aprire?

«Quando devo riflettere su un concetto vado sempre a interrogarmi sulla radice linguistica e filologica del termine, perché credo nella verità delle parole; generosità rimanda a generare e a generazione, è qualcosa che ha a che fare con la nascita, e quando la si pratica nasce l'umanità nel senso più profondo del termine. Come sappiamo, non sempre l'umano è umano, e affinché lo possa essere deve nascere e crescere qualcosa: se si rimane fermi, c'è come un dislivello tra quello che chiamiamo umanità nel senso bello e alto del termine e la realtà effettiva dell'umano. E la generosità che può portare al superamento di quel dislivello: quando si è generosi si è rigenerati a un nuovo modo di essere».

A chi non ha fede, a chi non crede in nessun Dio, come parla questo libro?

Di solito con i miei libri non mi rivolgo mai solo ai credenti, mi rivolgo agli esseri pensanti. Sono un allievo spirituale del Cardinal Martini il quale amava ripetere la frase di Norberto Bobbio "La vera differenza non è tra chi crede echi non crede ma tra chi pensa e chi non pensa". Mi rivolgo alla dimensione pensante, creativa, responsabile dell'essere umano. Cosa vuol dire, poi, in questo tempo così complesso, confuso, post umano, post cristiano, post moderno, essere credente o no? Abbiamo tutti l'impressione che non sia più come prima e non capiamo però come siamo adesso. Mi rivolgo a quella parte dell'essere umano generosa anche rispetto alla vita: credere in Dio alla fine significa credere nel senso della vita. Mi rivolgo agli esseri umani che sentono questo bisogno di senso».

La speranza può essere ragionevole secondo lei? In un presente come il nostro, nutrire speranza non ha a che fare più con l'irragionevolezza, con la nostra sfera irrazionale?

Ha a che fare con la nostra volontà di non restare allo status quo, di essere più ragionevoli del reale che spesso presenta un'umanità disumana. Ma che cosa è più vero? Chi è più vero? In un certo senso, la speranza, la fede nella giustizia, nella bellezza, l'amore, sono in prima battuta un po' irrazionali, irragionevoli. Ma quando si vede un essere umano che vive in maniera autentica secondo questa speranza irragionevole, che a sua volta si rivela più ragionevole di tanti cinismi e scetticismi, quando lo si vede, lo si riconosce come uomo grande, come profeta, una persona capace di trasportare gli altri e aprire sentieri dove la semplice ragionevolezza di chi si ferma a calcolare tutto non arriva. Nella storia i veri cambiamenti sono arrivati grazie a persone così.

Praticare la libertà di obbedire: è questa la vera rivoluzione da mettere in pratica adesso?

«C'è bisogno di riscoprire il valore dell'obbedienza che non è dire signor si a tutti i vari caporali o generali che ci danno degli ordini, ma è obbedire alla voce più profonda che ogni tanto si presenta dentro di noi e che possiamo chiamare coscienza morale, si tratta di superare il capriccio, quell'ordinaria volontà di potenza che ritiene l'obbedienza qualcosa di disonorevole. Questa modalità di vivere capricciosa e arbitraria è infantile, immatura, la vera maturità di un essere umano emerge dalla sua capacità di obbedire nel senso più vero, di ascolto teso a tradursi in un'azione, che rimanda alla capacità di attenzione, alla vera e propria intelligenza che è la capacità di lettura e di legame tra le varie voci e i dati che emergono dalla lettura. Questa è la vera obbedienza. Il senso della vita umana si compie nella cura amorevole e nella dedizione verso ciò che è più grande di noi».

L'uomo contemporaneo è più giusto che si chieda "cosa devo fare?" oppure "cosa posso fare?"

«Dal "devo" emerge la realtà del dovere, dal "posso" emerge la possibilità: nel primo caso c'è più passività, nel secondo c'è più attività. Penso siano prospettive complementari: il rischio del primo è eliminare la creatività, il rischio del secondo è eliminare l'ascolto. Due prospettive che vanno tenute insieme».